La storia del Minimo di Maunder (parte prima)

Il Sole è la principale sorgente energetica per il nostro Pianeta, ed è anche la fonte di energia indispensabile per il funzionamento della “macchina del tempo”, il motore che muove la nostra Atmosfera.

Per decenni si è pensato che l’energia solare  in arrivo sul nostro Pianeta fosse costante, ma poi si è scoperto che non è così, ma che presenta lievi oscillazioni nel corso del ciclo solare di undici anni, e probabilmente variazioni ancora maggiori durante le oscillazioni secolari di attività.

Un tipico minimo solare, è caratterizzato dalla presenza di circa 6 macchie solari, con periodi di alcuni giorni, a volte settimane, con assenza di macchie.

Sono molto rari i mesi che trascorrono privi del tutto di macchie solari, mentre negli ultimi tre secoli solo l’anno 1810 è passato senza alcuna macchia.

Tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII Secolo, l’astronomia ebbe un grande sviluppo, con numerose scoperte scientifiche, e perfino un calcolo accurato della velocità della luce ottenuto dall’osservazione delle orbite dei satelliti di Giove.

Le macchie solari non avevano una grande considerazione tra gli astronomi, in quanto erano considerate semplicemente delle “nubi” sulla superficie solare, prive di importanza.

Comunque, nel 1711, l’astronomo britannico William Derham descrisse un “grande intervallo” privo di macchie solari tra il 1660 ed il 1684.

Scrisse che molti osservatori tenevano sotto controllo il Sole, in ogni parte del mondo, ma che non vennero registrate “nuvole” sulla superficie solare.

Contemporaneamente, tra il 1645 ed il 1715 furono molto rare le aurore, sia boreali che australi, soprattutto alle medie latitudini.

Tra il 1645 ed il 1708, non venne osservata alcuna aurora boreale sui cieli di Londra.

Quando ne apparve una, il 15 Marzo 1716, il celebre astronomo Edmund Halley la descrisse accuratamente, non avendone mai osservata una prima (ed aveva allora quasi sessant’anni).

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